ORIGINE
In origine la zona era paludosa per via della vicinanza del Tevere e soggetta quindi a frequenti inondazioni che lasciavano lungo gli argini del fiume una sorta di sabbia (arenula o renula in latino). Nel periodo romano più o meno all’altezza di Via Giulia ospitava un ippodromo dove si allenavano gli aurighi in vista delle periodiche competizioni ospitate dal vicino stadio di Domiziano. La zona era anche ricca di magazzini (horrea) collegati alle attività di trasporto delle merci sul fiume, come testimoniano i sorprendenti resti dell’insula romana di San Paolo alla Regola rinvenuti verso la fine degli anni ’70 con quattro piani di età romana, due dei quali attualmente sotterranei e due sopra il livello stradale.
La vicinanza del fiume ha sempre scandito la vita di Regola con Ponte Sisto che collega il Rione a Trastevere, ponte reso famoso anche per l’ ‘occhialone’ in mezzo alle arcate che funzionava da strumento pratico e intuitivo per misurare il livello delle piene del fiume. I romani infatti erano soliti dire quando pioveva ininterrottamente “Guarda l’occhialone de Ponte Sisto e datte na’ regolata a che punto sta’ er fiume… si l’acqua nun c’è arivata vo’ di’ che nun straripa”.
Ricco di luoghi di interesse storico e monumenti il Rione ha anche un’anima profondamente legata alla realtà produttiva della città dal momento che a partire dal medio evo come denotano anche i nomi delle strade, ha ospitato mugnai, tintori, cordai, macellai e conciatori, che lavoravano a stretto contatto con il fiume di Roma. Qui venivano appunto conciate le pelli subito dopo l’uccisione delle vacche, e per questo il Rione rivendica l’origine della ricetta della “coda alla vaccinara”.
Anche una delle vie principali via dei Giubbonari prende il nome dagli artigiani e dai mercanti di gipponi, chiamati appunto gipponari, ovvero tessitori di corpetti (dal latino “jupponarii“), termine che poi nel tempo si è trasformato nell’attuale giubbonari.
Sarà la costruzione dei muraglioni del Tevere nel 1875 a cambiare il volto del Rione, cancellando tutta quella realtà di esperienze e opere che era andata stratificandosi a ridosso del fiume nel corso dei secoli.
A Regola nacquero o vissero diversi personaggi storici come Cola di Rienzo, tribuno di Roma, figlio di mugnai e tavernieri, vissuto nel Trecento.
Nella chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini, sull’omonima piazza, operò San Filippo Neri, o “Pippo bbono”, come era conosciuto tra i romani per aver dedicato la vita ai ragazzi e alle ragazze più umili che trovavano nel suo oratorio una alternativa alla strada.
Qui morì nel 1849 all’ Ospizio dei Convalescenti e Pellegrini Goffredo Mameli, autore dell’inno d’Italia e giovane combattente in difesa della Repubblica Romana.
Tanti anche i luoghi di interesse come Palazzo Cenci, legato alla triste vicenda della giovane e bellissima Beatrice Cenci e della sua famiglia fatti giustiziare da papa Clemente VIII, Palazzo Farnese, sede dell’Ambasciata di Francia, Palazzo Spada con il suo giardino segreto che ospita la sorprendente finta prospettiva di Francesco Borromini, il quale per realizzare uno dei più importanti esempi di illusionismo barocco, chiese l’aiuto di un matematico, il religioso Giovanni Maria da Bitonto.
Si tratta di una breve galleria che appare essere ben più ampia riuscendo a far sembrare a grandezza naturale la piccola scultura raffigurante un guerriero posizionata in epoca successiva sullo sfondo, per rendere più evidente l’illusione ottica.
Il Rione celebra anche Giordano Bruno la cui scultura dal 1889 troneggia nel Campo de’ Fiori là dove il filosofo fu ucciso sul rogo nel febbraio del 1600. Per collocarla, venne spostata la fontana progettata alla fine del ‘500 da Giacomo della Porta che la ideò come una vasca a pianta ovale posizionata su un piano incassato rispetto al livello di calpestio a causa della scarsa pressione dell’acqua Vergine sulla piazza.
Dal momento che si trovava la centro dell’affollatissimo mercato risultando sempre ingombra di oggetti vari e rifiuti, venne nel tempo modificata sovrapponendole una sorta di “coperchio” in travertino che riporta inciso il motto: “Ama Dio e non fallire, fa del bene e lassa dire. MDCXXII”. Da quel momento l’opera si guadagnò il popolare appellativo di “Terrina”.
Nel 1924 si pensò di dotare di nuovo la piazza della sua fontana, ma per motivi sconosciuti si preferì una copia, senza coperchio, che venne posizionata al centro del lato settentrionale della piazza mentre la fontana originale troverà la sua nuova collocazione di fronte alla Chiesa Nuova.
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