ORIGINE
Tre “misericordie”, ovvero tre pugnali, in campo rosso sono il simbolo araldico del rione che potremmo definire il più laico dal momento che vi si conta un numero inferiore di chiese rispetto agli altri. Rispetto all’origine del nome, l’ipotesi più accreditata è che provenga dal latino trivium, che sta ad indicare la confluenza di tre vie nella piazzetta dei Crociferi, che si trova al lato della moderna piazza di Trevi.Sin dall’epoca romana l’area era divisa tra una parte pianeggiante vicina al fiume, e una più alta, in corrispondenza del Quirinale. La prima era centro di attività cittadine, e rimase tale anche successivamente alla caduta dell’Impero mentre la seconda connotata come ricca zona residenziale, si trasformerà progressivamente in centro di potere, ospitando numerosi palazzi rappresentativi della potenza papale fino allo sfarzo secentesco della Reggia dei Papi, l’attuale palazzo del Quirinale sede del Presidente della Repubblica, dove ogni domenica pomeriggio è possibile assistere al cambio della guardia. E sempre nel Seicento, prende corpo il poderoso palazzo Barberini, sede della bellissima Galleria Nazionale d’Arte Antica con il suggestivo scalone elicoidale opera di Francesco Borromini così come molte altre opere presenti nel Rione che è ricco dei lavori suoi e del Bernini, i due grandi architetti che contribuirono più di qualsiasi altro artista al patrimonio barocco di Roma. Due maestri assoluti che lavorarono insieme di frequente e si trovarono spesso a finire i lavori l’uno dell’altro come nel caso di Palazzo Barberini, ma con personalità molto differenti.
Forse non tutti sanno che un grande inquilino del Rione fu Michelangelo Buonarroti che qui morì anziano e solo, a 89 anni (1564).
Le chiese presenti nel Rione dunque sono poche rispetto ai Rioni adiacenti ma di grande rilevanza per struttura e opere d’arte. Da segnalare Santa Maria di Loreto nei pressi della Colonna Traiana patrocinata dal Pio Sodalizio dei Fornai che ha sede ancora oggi nell’edificio adiacente. La chiesa che fu donata nel 1400 all’Università dei fornai una delle più antiche corporazioni artigiane di Roma è coronata da una grande ed elaborata lanterna vuota, soprannominata la “Gabbia dei grilli”. La bellezza della cupola era ancora più evidente quando svettava sui tetti delle piccole case che la circondavano.
Tra tutte le chiese però ce n’è una Santa Maria in Via, menzionata in documenti che risalgono al 955 e ricostruita nel 1594 su un progetto di Giacomo della Porta, che è al centro di una storia molto particolare: si narra infatti che uno scudiero del cardinale che abitava nei pressi della chiesa, per errore fece cadere in un pozzo adiacente una pesante pala di terracotta su cui era dipinto il ritratto della Madonna. Improvvisamente, l’acqua iniziò a straripare dal pozzo, riversandosi sul terreno, riportando così in superficie il dipinto che, malgrado il peso, continuava a rimanere a galla.
Papa Alessandro IV, appreso l’accaduto, riconobbe l’evento come sovrannaturale e si decise quindi di ampliare la chiesetta per ricomprendere il pozzo miracoloso così da potervi venerare l’immagine che troviamo ancora oggi nella cappella del pozzo, con un piccolo rubinetto che consente ai fedeli di bere l’acqua, considerata da molti miracolosa.
Non solo per questo racconto ma per una serie di altri elementi, se dovessimo individuare una caratteristica distintiva per connotare il Rione, l’acqua sarebbe la prescelta.
Qui infatti l’Acquedotto Vergine unico degli acquedotti antichi (19 a.C.) rimasto ininterrottamente in uso fino ai nostri giorni, alimenta la fontana di Trevi uno dei monumenti più conosciuti ed amati al mondo.
Nei pressi della fontana c’è una vasta e complessa area archeologica, oggi riorganizzata e visitabile con il titolo “La città dell’acqua”, che comprende una stratificazione bimillenaria di costruzioni tra cui è stata individuata una grande cisterna di raccolta, per l’appunto, dell’Acqua Vergine.
Tornando alla fontana, la sua realizzazione è il risultato di un concorso indetto da Papa Clemente XII nel 1732. Tra i vari progetti presentati dai più importanti artisti dell’epoca, venne scelto quello dell’architetto Nicola Salvi in quanto più monumentale e “di minor pregiudizio per il retrostante palazzo” sulla cui facciata si inserisce la struttura della fontana. Al centro, domina la statua di Oceano alla guida del cocchio a forma di conchiglia trainato da due cavalli, uno scalpitante l’altro tranquillo, trattenuti da due tritoni. Completano gli elementi decorativi, due figure allegoriche nelle nicchie laterali che esaltano gli effetti benefici dell’acqua, la Salubrità e l’Abbondanza.
E dato che era consuetudine costruire accanto alle fontane monumentali delle piccole fontane “per comodità dei privati”, sul lato destro esterno della fontana c’è una piccola vasca: la fontana degli innamorati. Così come chi getta la moneta nella grande fontana è destinato a tornare a Roma, le coppie che bevono a questa fonte, si dice che resteranno innamorate per sempre.
Nel Rione c’è un’altra grande fontana quella del Tritone, capolavoro di Gian Lorenzo Bernini, realizzata tra la fine del 1642 e la prima metà del 1643, su incarico di Papa Urbano VIII Barberini che desiderava un “pubblico ornamento della città”, ma anche un servizio per la cittadinanza sulla piazza dominata dal nuovo palazzo della propria famiglia.
Alimentata dall’Acquedotto Felice, che passava nelle immediate vicinanze, la fontana è espressione della nuova concezione barocca dello spazio con la parte scultorea che include e assorbe completamente la struttura architettonica.
Nel 1644, Papa Urbano commissionò a Bernini una seconda fontana di dimensioni ridotte. L’artista, interpretò il mandato con la maestria che gli era propria e strutturò un piccolo gioiello a forma di conchiglia, con l’acqua che sgorga da tre api animale nello stemma della famiglia nobiliare presso l’odierna via Sistina.
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